Insieme per un mondo unito, equo, pacifico, ed ecosostenibile (parte II)

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Nella scorsa puntata, è stata introdotta la tendenza per cui anche i numerosissimi enti/associazioni/movimenti, che vorrebbero spingere nella stessa direzione improntata alla sostenibilità e alla transizione ecologica, rischiano di ostacolarsi a vicenda. Tuttavia, come affermato nel libro “Moltitudine inarrestabile” di Paul Hawken, grazie ai potenti mezzi di comunicazione di cui disponiamo oggigiorno, una specie di “conoscenza condivisa sta sorgendo spontaneamente, da diversi settori economici, culture, regioni, comunità. Sta crescendo e si sta diffondendo in tutto il mondo senza eccezioni.”

 

Nonostante numerosi sforzi e tentativi in atto non vi è ancora un effetto macroscopico di miglioramento delle condizioni del mondo e della società, anzi, la sensazione è che stiamo precipitando velocemente verso un abisso ed un territorio sconosciuto. Formalmente tutti sono per la pace e per l’ambiente, nessuno dice apertamente di essere contro la pace o contro l’ambiente, ma ci ritroviamo in una contingenza sociale, economica, ambientale molto preoccupante. In effetti, quanti sarebbero disposti a rinunciare a volare in aereo, ad un’alimentazione carnivora, a costruire nuove strutture ed infrastrutture in Italia (tenendo conto che la popolazione decresce e che le costruzioni sono responsabili del 39% delle emissioni globali), a lavorare per l’industria degli armamenti, a limitare consumi di energia, ecc…?

Si presenta un nuovo rischio: viene proposta la green economy, tramite la quale potrebbero esserci comunque enormi profitti da parte dei soliti pochi soggetti. D’altro canto, si parla molto poco della blue economy, che potrebbe essere una possibile alternativa al sistema attuale che si basa sulla crescita infinita.

 

Blue Economy

Pacemaker senza batterie, pesca senza reti, edifici a impatto zero, fogli di carta fatti con la pietra, rasoi con lame di seta, larve prodigiose… Esistono già moltissime innovazioni che generano valore dai rifiuti e dalle risorse rinnovabili, riducendo l’inquinamento e contribuendo a migliorare l’ambiente in cui viviamo. Ciò che le accomuna è il fatto di ispirarsi ai principi della blue economy, un’alternativa in grado di risolvere i problemi economico-sociali e ambientali attuali. Non ricicla né protegge, ma rigenera, assicurandosi che ogni ecosistema possa seguire le proprie regole evolutive affinché tutti possano trarre beneficio dagli infiniti flussi di creatività, adattabilità e abbondanza della natura. Non richiede alle aziende di investire di più per salvare l’ambiente. Anzi, con minore impiego di capitali è in grado di creare maggiori flussi di reddito e di costruire al tempo stesso capitale sociale. Di fatto, ormai ci sono centinaia di iniziative che mirano a rispondere ai bisogni fondamentali di tutti senza produrre rifiuti e generando milioni di posti di lavoro equi e ben retribuiti. Tutto questo è stato ampiamente descritto nel saggio “Blue Economy 3.0” di Gunter Pauli. La cultura dell’eliminazione del rifiuto dovrebbe essere affiancata da una diffusa politica di riforestazione per catturare l’eccesso di anidride carbonica che è stato immesso in atmosfera negli ultimi 150 anni a causa delle attività antropiche, come suggerito dal botanico italiano Stefano Mancuso: per vedere diminuire i valori dell’anidride carbonica occorre piantare 1000 miliardi di alberi ed abbattere le emissioni. Perché sembra che procediamo così a rilento rispetto a una tabella di marcia che imporrebbe ritmi serratissimi?

 

Un mondo frammentato… ma la soluzione esiste

Oggi il mondo è disunito: trionfano ingiustizie e disuguaglianze, e la pace mondiale è in pericolo. Il modello economico della crescita infinita mette a rischio l’ambiente, la pace, i diritti umani, le minoranze. Un mondo migliore, tuttavia, è possibile, e possiamo riassumere le linee guida attraverso poche parole chiave: insieme, unità, equità e giustizia, pace, ecosostenibilità.

Tuttavia, questa consapevolezza può spesso tradursi in slogan facili che sono anche occasione di potenziale lucro fine a se stesso, attraverso saggi ripetitivi che presentano sempre lo stesso messaggio, quasi banalizzandolo: “tu puoi cambiare il mondo”. Lasciamo al lettore la curiosità di provare a inserire questa frase su un motore di ricerca per poi dare un’occhiata ai risultati. Lungi da noi voler svilire questo messaggio, in cui crediamo profondamente, bisogna rifuggire da quei tentativi di usarlo come mezzo manipolatorio. Forse sarebbe più corretta la sottile (nonché umile) analisi di Alejandro Jodorowsky: “non puoi cambiare il mondo, però puoi cambiare il tuo mondo.”

 

Insieme & Unità

In effetti, da soli non si va da nessuna parte. L’impegno individuale è necessario, ma non sufficiente, spesso individualmente non si riesce ad incidere sulla realtà che ci circonda e sul territorio. Impegno individuale e azione sociale devono essere opportunamente coniugate. In questo senso, l’associazione “Insieme si può…”, fondata sulla cooperazione con le comunità e i partners locali, si propone di attivare progetti di sviluppo sociale ed economico a lungo termine che coinvolgano le popolazioni beneficiarie dell’aiuto, offrendo loro i mezzi per un sostentamento sostenibile e duraturo e nello stesso tempo chiamandole a partecipare direttamente al programma, al fine di una loro proficua responsabilizzazione.

Il mondo non si risana da sé, per una congiuntura favorevole o per un processo indipendente dall’uomo. Per migliorare le condizioni del mondo occorrono strenui sforzi concertati, che coinvolgano la testa (attraverso saggezza e intelligenza), il cuore (attraverso compassione e solidarietà), e la mano (attraverso l’azione concreta). Molti dei paradigmi che purtroppo oggi hanno la meglio, devono essere sostituiti: inclusione anziché esclusione, collaborazione anziché competizione, fra Nazioni, Popoli, Religioni, Associazioni.

Nello specifico, l’azione sul territorio e sulla propria città è più efficace se c’è unione delle associazioni per portare avanti degli obiettivi comuni. Le associazioni, quando puntano alla visibilità e al protagonismo per aumentare il numero dei soci e ricevere finanziamenti, perdono la potenzialità dell’unione per salvare i beni comuni e per costruire le fondamenta di un mondo migliore.

 

Quanto sopra riportato, tuttavia, è di difficile realizzazione senza una visione che contempli equità e giustizia, che sono abitualmente considerate come prerogative necessarie per garantire la pace. Approfondiremo meglio questi e altri aspetti nelle prossime puntate.

Simone Potenti

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